MONACO 25 SET. Al Congresso Europeo di Diabetologia (EASD), che ha chiuso i battenti il 16 settembre scorso a Monaco per lasciare il passo alla tradizionale Oktoberfest, la ricerca italiana si è fatta grande onore, anche in versione “young”.
“E‘ molto importante – afferma il Professor Giorgio Sesti, Presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – che studi di rilevanza internazionale siano condotti da giovani ricercatori supportati dalla SID, l‘unica società scientifica italiana nel campo del diabete che ha lanciato un programma di “scouting” per giovani ricercatori.
Tante le ricerche presentate al congresso da giovani ricercatori arrivati a Monaco grazie ad un “travel grant” della Società Italiana di Diabetologia. Eccone alcune.
L‘infiammazione del tessuto adiposo predispone a malattie cardiovascolari e diabete.
Nei pazienti con diabete tipo 2, un tessuto adiposo “mal funzionante” porta ad accumulare grasso in sedi diverse da quelle previste come depositi di energia (il grasso sottocutaneo), come ad esempio il fegato. Questa alterazione consente di individuare soggetti con un profilo di rischio metabolico particolarmente sfavorevole. Lo studio presentato a Monaco dalla SID è stato condotto su 65 pazienti obesi o in sovrappeso affetti da diabete tipo 2; tutti sono stati sottoposti ad esami per stimare il livello di secrezione insulinica, il grado di resistenza insulinica a livello sistemico e nel tessuto adiposo (indice ADIPO-IR) è stato inoltre quantificato il volume del grasso sottocutaneo, viscerale, di quello nel fegato e nel pancreas attraverso la risonanza magnetica.
“La forza e l‘originalità di questo studio – afferma la Dottoressa Ilaria Barchetta dell‘Università “La Sapienza” di Roma – consistono nell‘aver evidenziato che la presenza di infiammazione del tessuto adiposo, stimabile in maniera indiretta e non invasiva attraverso il dosaggio dell‘insulina e degli acidi grassi nel sangue, permette di identificare condizioni particolarmente a rischio nelle persone con diabete tipo 2. La disfunzione del tessuto adiposo si associa a steatosi epatica, fattore di rischio cardiovascolare indipendente, ad un esordio più precoce del diabete, ad un grado più marcato di insulina-resistenza e infiammazione sistemica. Oltre a rappresentare uno strumento semplice e non invasivo di stratificazione del rischio nelle persone con diabete, la disfunzione del tessuto adiposo potrebbe costituire un punto di partenza per nuovi approcci terapeutici del diabete”.
La dieta mediterranea oltre a proteggere i vasi, potrebbe facilitarne anche la riparazione.
La dieta mediterranea oltre a proteggere i vasi, potrebbe forse avere anche un‘azione riparatrice, visto che aumenta il numero di cellule progenitrici endoteliali circolanti. Finora di questa dieta, patrimonio mondiale dell‘UNESCO, si conosceva il ruolo di contenimento e correzione di una serie di fattori di rischio cardiovascolari (livelli di colesterolo e di glicemia, ipertensione, peso corporeo) ma la ricerca presentata all‘EASD rivela un inedito meccanismo attraverso il quale la dieta mediterranea potrebbe proteggere i vasi delle persone con diabete tipo 2. Lo studio dimostra infatti che questa dieta aumenta i livelli circolanti delle cellule progenitrici endoteliali.
Lo studio è stato condotto su 215 soggetti con diabete tipo 2 di nuova diagnosi, randomizzati in due gruppi: al primo veniva consigliata una dieta di tipo mediterraneo, al secondo gruppo una dieta a basso contenuto di grassi. Sono stati misurati in tutti i partecipanti, all‘inizio dello studio e a distanza di un anno, i livelli di cellule progenitrici endoteliali nel sangue. Al termine dello studio, i soggetti che avevano seguito la dieta mediterranea presentavano un numero di cellule progenitrici endoteliali significativamente maggiore rispetto al gruppo a dieta a basso contenuto di grassi. Si tratta del primo studio di intervento basato su una dieta ad aver dimostrato un effetto benefico della dieta mediterranea sulla capacità rigenerativa dell‘endotelio in una popolazione di pazienti con diabete tipo 2 appena diagnosticato.
“Il nostro studio – spiega la Dottoressa Maria Ida Maiorino, UOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Seconda Università degli Studi di Napoli – condotto in una popolazione di individui affetti da diabete tipo 2, dimostra per la prima volta che seguire una dieta di tipo mediterraneo con una modica restrizione di carboidrati (pari al 50% dell’introito calorico giornaliero) e ricca di acidi grassi monoinsaturi, si associa all‘aumento dei livelli circolanti dei progenitori delle cellule endoteliali, le cellule staminali di origine midollare preposte alla riparazione dei vasi sanguigni, quando interessati da danno ischemico.
Sono risultati – prosegue la Dottoressa Maiorino – importanti soprattutto per i pazienti con diabete tipo 2 di nuova diagnosi ai quali consigliamo di modificare il proprio stile di vita con dieta ed attività fisica strutturata, prima ancora di intraprendere una terapia medica. In questa categoria di pazienti, la dieta mediterranea offre protezione nei confronti di uno dei mediatori dell‘aterosclerosi vascolare, migliorando la capacità rigenerativa dell‘endotelio e proteggendo, nel lungo termine, i vasi sanguigni dal danno endoteliale. La dieta mediterranea grazie alla ricchezza in vegetali e olio extravergine di oliva si conferma come un regime alimentare dalle proprietà cardio-metaboliche favorevoli, soprattutto per le persone con diabete, soggetti ad alto rischio cardiovascolare.
Marcello Di Meglio