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LEVIATHAN, PELLICOLA SEVERA CHE CONFERMA ECCELLENZA CINEMA RUSSO

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Leviathan FilmGENOVA. 31. MAG. Nel panorama piuttosto appiattito del Cinema occidentale, europeo ed americano incluso, si insinua un piccolo capolavoro di un cineasta russo che mantiene alti i toni della propria poetica cinematografica.

 Si tratta di Andrej Zvjagincev, regista di Leviathan ( titolo originale ” Leviafan ), già noto per la realizzazione del film ” Il Ritorno “, ( Russia / 2003 ) con cui vinse il Leone d’Oro a Venezia e sul cui set, in uno dei laghi oggetto delle videoriprese, quasi in coerenza inesorabile con le proprie sceneggiature, perse la vita annegando l’attore sedicenne Vladimir Garin che qui cogliamo l’occasione per ricordare con rispettoso affetto.

” Leviathan “, della durata di 140 minuti, prodotto da La Non Stop Production, è cosceneggiato dal regista Zvjagincev insieme ad Oleg Negin e girato durante l’estate del 2013 tra la cittadina di Kirovsk ed il villaggio di Teriberka, entrambi ubicati nella penisola di Kola. Fotografia di Mikhail Krichman, musiche originali di Philip Glass. La pellicola ha vinto il Prix du Scénario al Festival di Cannes 2014 ed il Premio miglior film straniero al Golden Globe 2015.

Eccellenti tutti gli attori : Aleksei Serebryakov ( nel ruolo di Nikolai ), Vladimir Vdovichenkov ( Dimitri ), Roman Madyanov (Vadim, il sindaco ), Elena Lyadova ( Lilya ), Anna Ukolova ( Angela ), Sergey Pokhodaev (Roman ), Aleksey Rozin ( Pasha ).

La pellicola esordisce con diverse riprese naturali volte a caratterizzarne l’ambientazione.

Paesaggio surreale contraddistinto da casette in legno sul Mare, di cui si ravvisa una forte presenza costante, come se il Mare fosse il ” Testimone Ultimo ” delle umane vicende.  Su una delle spiagge è presente il grosso scheletro di una balena se non del Leviatano stesso, il mostro biblico dall’effetto inesorabile, da cui il titolo del Film.

 Nel complesso riprese di qualità. Belle quelle in cui si riprendono gli attori riflessi negli specchi o nelle vetrine o si sfoca alternativamente l’uno o l’altro attore dando corpo più alla trama nell’insieme che ai singoli personaggi. Interessanti anche le inquadrature dal basso verso l’alto, quasi ad indicare la ricerca di una Risposta Superiore. Imperscrutabile, chiaramente.

La storia in apparenza è semplice.

Nikolai, per gli amici ” Kolja “, vive con la seconda moglie ed il figlio avuto dalla prima di cui è rimasto vedovo, in un villaggio sul Mare di Barents, Nord della Russia, lavorando nella propria officina come meccanico. E’amico di un paio di Agenti di Polizia, cui si rivolge con il termine di ” Compagno “, forte eredità del pregresso Comunismo.

Vive in una grazioza -scarna casetta di legno in prossimità del mare, la cui ripresa rappresenta per l’appunto una presenza costante della pellicola in oggetto.

Il Sindaco del luogo, Vadim, uomo corrotto, gli espropria casa e terre perchè quell’area gli è necessaria a far futtare i propri interessi.

Kolia, con il supporto di Dimitri, per gli amici Dima, conosciuto ai tempi dell’esercito, ora diventato brillante Avvocato a Mosca, farà ricorso. Ma un ricorso presentato presso una Magistratura collusa con i poteri locali, non farà che spalancare le porte all’inferno o potremmo dire al Leviatano, al Mostro Marino che divora ogni Bene.

D’altro canto, l’Avvocato è eccellente, uno di quelli che attraverso modi pacatamente diplomatici è convinto di cambiare il mondo, ma da buon umano, commetterà l’errore di innamorarsi di Lilya, la moglie di Kolja, lasciando emergere una punta di maschilismo in quest’ultimo che nello svolgimento della narrazione, gli sarà fatale. E comunque anche l’Avvocato sarà sconfitto da una corruzione troppo endemica.

 Di Lilya, donna delicata e sensibile, non è chiaro quale sia il  Vero Amore. Se sia rappresentato dal collerico e sventurato Kolja o da Dima, l’affascinante Avvocato, interpretato da un talentuosissimo Vdovichenkov, sopraggiunto da Mosca ad offrire una risposta sociale altra, sicuramente non violenta. Comunque  Lilya seguirà la ” Visione ” del Leviatano. Sofferente Roman, il figlio sedicenne di Kolja. La pellicola  in effetti tradisce un’ impostazione delle Leggi  in Russia molto rigorosa sui minori, in cui la ” Madre-Padre Stato ” interviene ( con l’orfanotrofio o la presa in carico del minore da parte di un tutore ), eppure carente, rivelandosi il ragazzo piuttosto abbandonato a se stesso.  Poi c’è il Vescovo Ortodosso, cui il signorotto locale si rivolge spesso per un consiglio spirituale. Il Vescovo è figura intermedia, da un lato rapito dal proprio sentimento religioso, da un altro sordo e cieco consapevolmente o meno alla corruzione del suo amico Vadim.

Dal punto di vista analitico e’ un film che per tutta la sua stesura grammaticale costituisce una dura riflessione sull’annoso tema della ” Giustizia che a volte non è Giusta ” se non addirittura sulla palese ” Ingiustizia degli uomini “, dove si erge sempre a vincitore l’uomo di potere dal potere corrotto.

Tuttavia nella seconda parte si fa strada un tipo di considerazione connaturata al Cinema Russo od a qualunque autore nato e cresciuto nelle terre dell’Ortodossia Cristiana; la riflessione sul Senso di Dio; la riflessione sul perchè, in qualità di esseri umani, siamo crivellati da soverchiante sofferenza, senza esserne in grado di comprenderne il motivo. Ed è proprio qui il Senso.

D’altro canto qualcuno vi ha colto una sorta di ” Non Senso “, ma – a ben’guardare – il film suggerirebbe più il prender atto che il Senso risieda in un’accettazione dolorosa degli eventi e che la Giustizia, quella Vera, non sia attuabile in questo mondo, neanche attraverso l’intermediazione della Chiesa se intendiamo quest’ultima in qualità di Istituzione, ma in una Realtà Altra che al momento non conosceremo.

In un climax di eventi drammatici, il finale è amaro. Avrà la meglio l’Ingiustizia Sociale. Kolja, verrà accusato e condannato per un omicidio che palesemente non ha commesso, con l’appoggio del potere esercitato dal Sindaco / Signorotto locale, il quale sarà ben’lieto di fargliela pagare per la pregressa legittima rivendicazione dei diritti sulla propria casa da parte di Kolja. L’applicazione di una Giustizia ingiusta ineluttabile. 

Il Film si chiude con una lunga scena presso la Chiesa Ortodossa, dove il sindaco ammonisce il figlioletto di ricordarsi che Dio vede tutto, noncurante degli strati di corruzione sedimentati nella propria coscienza.

Il Vescovo cita queste parole: ” La Verità è il Patrimonio di Dio. Ma possiede la Verità solo colui che possiede la Verità Ultima, che è Cristo Stesso…La libertà è nella Verità di Dio “.

 Nel Film sembra allora possedere  la Verità Ultima Kolja, che di certo perde persino la Libertà terrena andando in carcere per un crimine non commesso. I potenti del luogo vinceranno perchè non posseggono alcuna Verità o valore morale. A noi umani e giusti, non resta che lottare con il Leviatano che in effetti secondo la tradizione biblica fu creato da Dio stesso per ” saggiarci “, per attuare la ” persecuzione dell’innocente ” utilizzando una terminologia cattolica, il cui senso è solo nella Sapienza Divina.

Le inquadrature di chiusura riprendono di nuovo il Mare, intensamente blu, che si infrange contro le scogliere.

Film da piangere. Severo. A rammentarci che è molto difficile l’attuazione della Giustizia Giusta, ma che non per questo dobbiamo  arenarci e rinunciare a lottarvi.  Semmai il contrario. Sia pure a duro prezzo.

Romina De Simone

 

 

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