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Il Nano Morgante | L’epopea del treno Coast to Coast

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GENOVA. 27 NOV. Qualche tempo fa, Pierluigi Battisti, in un interessante editoriale su CorSera, ha tratteggiato il “treno” come fenomeno sociale, poetico e culturale.

Ciò mi ha suscitato, in merito, alcune elaborazioni comparative tra musicalità e fascinazione, evocazioni e realtà,  suggestioni e bilanci da quadrare.

Il treno ha inevitabilmente scandito, nel tempo, fasi di vita quotidiana; ha espresso tensioni di libertà ed ideali rivolte, straordinariamente simbolizzato da Turner nel dipinto “Pioggia, vapore e velocità”, cui si rimanda.

Anche la canzone d’autore ne ha musicato aspetti e realtà, divenuti poi ricordo, nostalgia, rivoluzione: una “locomotiva lanciata, come fosse cosa viva” (cit. F.Guccini) od anche “il treno corre forte, il treno va lontano e il quadro cambia sempre dietro al finestrino “ (cit. R.Cocciante) ne sono solo qualche melodico esempio.

Ciò che è stato mito, epopea, mezzo insostituibile di trasporto e nel contempo mezzo di unificazione territoriale, oggi ha mutato natura: la cessazione dei tratti di “lunga & lenta” percorrenza, coast to coast,  ha concluso un’epoca e ne avviato un’altra, frenetica e sfuggevole. E così che il treno ha perso, per sempre, il suo significato simbolico dinanzi all’economia di mercato, travolto da nuove esigenze contabilistiche, dalla logica del profitto.

Le lunghe tratte ferroviarie (i “sentieri di ferro”) scorrevano lente, collegando l’intero territorio nazionale, dai monti alla pianura, dal mare alle vette. Della magia di tal periplo non resta forse nemmeno l’idea, fiammella di una candela consunta.  Non si potrà più osservare il mutevole paesaggio mentre, affacciati al finestrino, il vento scompiglia i capelli.

Ci sono eventi che ne cancellano altri, ma la sensazione è che gli ultimi, in ordine di tempo, siano sempre meno vigorosi, emozionalmente più fuggevoli e distratti.

Il modus vivendi  da assuefatti spettatori  ci sta costando, da un certo punto di vista, ben più delle fluttuazioni  del Pil e dello Spread.

Non dovremmo sacrificare troppo sull’altare del “profitto”. Non c’è economia, pur florida, che possa compensare i nostri veri bisogni.

Foss’anche  osservare  il panorama affacciati al finestrino di un treno.

Masimiliano Barbin Bertorelli