L’Italia, o meglio gli italiani, non sempre, anzi quasi mai, sanno valorizzare il proprio patrimonio artistico. E’ il caso del piccolo, interessante, curato museo misconosciuto, situato nella cittadina di Trinitapoli, nella Puglia del Gargano. Circa 3500 anni fa erano presenti in quest’area le comunità del bronzo, quelle che scoprirono che, unendo una quantità pari al 10% dello stagno al rame, si otteneva un metallo tre volte più tenace.
Esse scavarono ipogei, strutture sotterranee destinate a rituali di fertilità, che diventarono veri e propri centri religiosi in cui si praticava il culto della vita, della morte e della rinascita. Si entrava attraverso un percorso, dromos, che diventava uno stretto cunicolo nel quale procedere carponi verso una stanza circolare, portando suppellettili destinate al rito.
Qui avveniva la cerimonia religiosa, al fine di propiziare la fertilità delle persone e la prosperità dell’economia, al termine della quale il vasellame veniva frantumato.
E’ evidente il ricorso al simbolo nel percorso stretto in entrata, la fecondazione, e quello in uscita, il parto: e ancora nella deposizione delle corna di cervo, che cadono per poi riformarsi, simbolo di rinascita. Non si escludono sacrifici di animali ed anche di bimbi. Più tardi alcuni ipogei diventarono sepolcri.
Vivamente consigliata una visita alla struttura, con le indicazioni della gentile signorina Maria Giovanna e, con l’occasione, anche una deviazione alle vicine saline tra Trinitapoli e Margherita di Savoia: alle prime vasche non è infrequente incontrare eleganti fenicotteri rosa e garzette.
Elisa Prato